Les demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso è una delle opere non solo caposaldo del cubismo, ma spartiacque essenziale tra un prima e dopo nella storia dell’arte occidentale.
Realizzata all’inizio del secolo, nel 1907, ha rivoluzionato la base concettuale di tutta l’arte più significativa del 900. Viene infatti superata l’idea che l’arte debba imitare la realtà.
L’abbandono del naturalismo per l’arte futura significherà immaginare rappresentazioni estetiche, idee di spazialità, materialità inedite e inimmaginabili fino ad allora.
Les demoiselles d’Avignon inaugura per gli artisti un nuovo modo di vedere il mondo, suggerisce di scavare a fondo oltre la materia che lo compone.
Cosa tratteremo
Picasso e la volontà di reinventare il moderno
Il progetto iniziale di Picasso prevedeva anche le figure di due uomini: uno studente e forse un marinaio. L’opera appare divisa in 3 parti scandite da ogni figura con un suo preciso significato.
La donna più a sinistra rappresenta il passato che andrebbe sconfessato; le due al centro si mostrano in pose rituali che appaiono poco sentite e quasi forzate. Le due a destra indossano una maschera, si mostrano timorose di mostrare sé stesse e il proprio stato d’animo, desiderose di celarsi dietro ad un’identità fittizia.
Le 5 donne sono delle prostitute che il pittore ha scelto come soggetto dopo un viaggio a Parigi nel 1900 nel quale conoscerà l’arte di Cézanne.
Il pittore francese Henri Matisse, amico di Picasso, aveva mostrato a Picasso una tela di Cézanne il cui soggetto erano tre bagnanti. Da questo tema l’artista riprende alcune caratteristiche come la nudità dei soggetti e una similitudine nelle pose che al contempo richiamano anche la classicità, dalla Venere di Milo alla tarda scultura michelangiolesca.
Picasso decontestualizza però questo tema spogliandolo della sua aurea innocente attraverso la rappresentazione di cinque prostitute del bordello d’Avignon a Barcellona. A Picasso interessa ritrarre i contrasti della società in cui vive raccontandone l’essenza che si cela nel profondo.
Si ritiene che sempre grazie a Matisse l’artista sia venuto a contatto con la scultura tribale africana le cui linee e forme influenzano fortemente l’opera: la donna in piedi sulla destra presenta sul volto una deformazione che è tipica delle maschere tradizionali di questa cultura.
Ma l’arte africana entra nel quadro anche attraverso la scelta degli abbinamenti cromatici, dei tagli e delle acconciature; e non solo, essendo non condizionata a tutti i costi ad un’aderenza al vero affascina Picasso per la sua notevole concettualità. L’artista ritrova in questi artefatti estremamente stilizzati e realizzati con tecniche semplici la forza espressiva che l’arte spagnola pare aver smarrito.
Les Damoiselles D’Avignon: un’opera catartica per esorcizzare le paure più profonde
L’opera è considerata un capolavoro assoluto per via del linguaggio visivo inventato dall’artista, per la sua capacità di fondere in un modo nuovo stili e culture artistiche all’apparenza persino discordanti tra loro.
Picasso crea volutamente qualcosa di mostruoso ma nel senso etimologico del termine latino monstrum: gli elementi che dovrebbero apparire come incompatibili vengono percepiti come unitari.
Egli utilizza elementi opposti: le due donne in piedi rappresentano la femminilità più pura che si offre seducente e irresistibile; le donne con le maschere africane così misteriose invece rappresentano il terrore provocato dal pensiero della morte. Il conflitto visivo è dunque metafora del conflitto tra Eros e Morte, tra il maschile e il femminile.
Les Damoiselles D’Avignon: critiche e pareri negativi
La realizzazione di quest’ opera fu una delle più difficile per il pittore, che arrivò al soggetto finale solo dopo mesi e mesi di incessante lavoro di schizzi realizzati e poi scartati.
Prevedibilmente considerando la sua grossa innovazione non fu recepita positivamente dai contemporanei, e non solo dai critici, ma anche dalla maggior parte degli artisti e collezionisti.
Ciò che però deluse maggiormente l’artista spagnolo fu il parere fortemente negativo dell’amico Matisse, il quale lo definì un “patetico tentativo di ridicolizzare i movimenti moderni”.
Alcuni di questi intellettuali però si ricrederanno subito dopo. Il collezionista Kahnweiler, dopo le aspre critiche iniziali, esprimerà il desiderio di acquistare tutti gli schizzi preparatori.